Nicola Sartori (part 2)

Un altro traguardo Nicola lo raggiunge nel 1988 quando arrampica, nella falesia di Ceuse, la via “Face de Rat”, 8a+ a vista: mai nessuno scalatore italiano era riuscito ad effettuare, a vista, una difficoltà così elevata! E la notizia, considerando la proverbiale riservatezza di Nicola, non è assolutamente sbandierata dalle riviste e dai media dell’epoca. In quel periodo i fratelli Sartori giravano il sud della Francia con un vecchio camper Fiat 238 a gas detto il “bigolon delle falesie”. Era dotato di un travetto di allenamento esterno come era in uso dai big dell’epoca.

Nicola è un istintivo della parete e la sua principale caratteristica è saper leggere al volo la roccia, gli appigli e gli appoggi. Proverbiale la sua capacità di rimanere attaccato a minuscoli appigli e di riuscire a studiare il movimento successivo… senza fermarsi sui rinvii e senza cadere: in altre parole: sa arrampicare a vista.

Andrea Tosi ha fatto un montaggio di un video di Nicola, girato durante la gara mondiale di Rock Master del 1989, e l’ha intitolato giustamente “l’arte del riposo” dove si vede Nicola che sospeso fra appoggi ed appigli cerca di riposarsi a metà parete, muovendo caviglie e talloni con estrema sensibilità, recuperando energie per il passaggio duro soprastante (il cosiddetto filtrino), i minuti scorrono, Nicola non sale e non cade, si muove, recupera energie, il tutto con lentezza esasperante in un tratto dove i big mondiali o passavano veloci o cadevano veloci.

Quello che non dovete mai fare è chiedergli il grado di una via di falesia.

Se vi risponde “è bella!” dovete aspettarvi una via da 6a-6c. Se vi risponde “interessante!” aspettatevi una via da 7a-7c. Se vi risponde “c’è un bel passaggetto” dovete attendervi una micidiale sequenza boulder. Se vi risponde “c’è da mettere bene i piedi” significa che dovrete spalmare i piedi andando oltre alle normali leggi della fisica: auguri! Infine se vi risponde “difficilina”… lasciate perdere poiché dovrebbe essere tra l’8a e l’8c.

Un capitolo sul quale Nicola ha una certa ritrosia ad aprirsi con me, e questo, chi lo conosce, sa bene che fa parte del suo carattere, riguarda le solitarie in Dolomiti. Un capitolo che si è aperto e che si è chiuso dopo un certo numero di anni. Nicola ne parla poco per il timore di essere emulato e di essere preso ad esempio in questa disciplina di estremo pericolo.

Nicola è abituato ad arrampicare in solitaria e per solitaria intende proprio free-solo: nessuna imbragatura, nessuna corda, nessun moschettone. Sulle Pale di San Martino, salire la Castiglioni alla Pala del Rifugio e proseguire per lo spigolo del Sass d’Ortiga significa partire dal rifugio Canali e trovarsi, velocissimi in cima, 2 ore dopo con la soddisfazione ed il piacere di salire tutto di un fiato. Certo a metà parete ti prende la paura, ma basta non pensarci, non guardare giù e concentrarsi al massimo sui movimenti: concentrarsi fino ad entrare in trance.

Nicola mi racconta la salita free-solo della “via della Soddisfazione” (6a) sulla parete d’Ambiez in Brenta. Scarica la mountain-bike dalla macchina ed in bici risale tutta la lunga val d’Ambiez. Chiude la bici con il lucchettino al grande masso spaccato nelle vicinanze del rifugio Agostini. Incontra per caso Sergio Coltri, ma Sergio vede il suo stato di massima concentrazione e lo saluta velocemente. Finalmente comincia ad arrampicare e l’arrampicata stempera la tensione accumulata. Ma sulla lunghezza chiave trova una cordata duramente impegnata a passare: è praticamente bloccata. Il ragazzo in sosta quando vede arrivare Nicola dapprima cerca di capire se ha il compagno di cordata ma quando si accorge che è senza corda, senza imbragatura, solo con un sacchetto di magnesite, letteralmente “fa due occhi così” e si comincia a preoccupare. Nicola lo tranquillizza e decide di passare a lato del tiro chiave: la roccia è ottima, la difficoltà non conosciuta ma la sicurezza nelle proprie capacità è tanta e Nicola segue l’istinto…

Poi il capitolo delle solitarie si chiude “dopo un po’ mi sono detto stop. Le solitarie ti prendono la mano ed il rischio diventa troppo elevato”.

Nel periodo 1988-94 Nicola vive la nascente esperienza delle gare di arrampicata. Esperienza che lo vede indossare la maglia azzurra della nazionale e portare a casa diversi piazzamenti importanti: 3° posto alla coppa del mondo di arrampicata UIAA a Zurigo nel 1993, 5° posto World Championship UIAA a Innsbruck nel 1993, 6° posto al Master arrampicata di Serre-Chevalier nel 1993, 6° posto Rock Master di Arco del 1993, 9° posto Rock Master di Arco nel 1994.

Per Nicola le gare rappresentano un’esperienza importante, un confronto con altri fuoriclasse, uno stimolo ad allenarsi, un porsi un obiettivo… tutti fattori che poi gli servono anche come esperienza in montagna. È bene sottolineare che in quel periodo Nicola lavora sempre nella grafica, fa gli straordinari per riuscire ad accumulare due o tre mesi di ferie non retribuite e confrontarsi con i big professionisti dell’epoca. È comunque un periodo spensierato in cui gira in automobile per l’Europa assieme a Christian Brenna e a Luisa Iovane, ciascuno preso dai propri allenamenti e dalle proprie diete. L’allenatore ufficiale è Simone Moro che passa a Nicola delle tabelle per l’allenamento a secco. Ma Nicola non ha passione per un allenamento metodico e non riesce ad interiorizzarle. Si organizza l’allenamento in maniera casalinga come peraltro ha sempre fatto seguendo le orme del fratello maggiore: un giorno di corsa e stretching alternato ad un giorno di forza pura e così via per tutta la settimana con arrampicata in falesia solo nel fine settimana. Ancora una volta Nicola manifesta il suo desiderio di libertà anche negli allenamenti. 

Apokatastasis, Ceredo.

Infatti Nicola in gara non riesce a rendere come sulla roccia: si sente in imbarazzo ad arrampicare a comando, davanti a tutti gli spettatori e soprattutto sulla plastica. Quando arriva sui tetti si blocca. E questo è il momento in cui l’arrampicata di punta, e di conseguenza le gare, si portano sugli strapiombi dove viene privilegiata la forza pura rispetto alla classe raffinata della placca strapiombante.

Per Nicola la parete ideale è un muro strapiombante dove poter coniugare tecnica e forza fisica e dove l’inclinazione perfetta è anche ideale per un non ipotetico volo.

Negli anni ’90 alle gare di velocità del master di Arco uno specialista russo manca ed Angelo Seneci, organizzatore dell’evento, invita Nicola Sartori a tappare il buco. Sono ospiti in albergo, lui ed Emanuele, per un’intera settimana. Arriva il momento della gara. Allo start l’altro concorrente parte a razzo mentre Nicola sta ancora cospargendosi le mani di magnesite… il concorrente è già a metà parete mentre Nicola muove i primi passi con la sua flemmaticità di sempre… dal pubblico gli urlano “guarda che è una gara di velocità!”, Nicola arrossisce e si volta a guardare Angelo Seneci che si mette le mani fra i capelli. Inutile dire che sarà la prima ed ultima gara di velocità di Nicola.

——> segue part 3


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