Stare a Dozzina

Stare a dozzina

Una dozzina: dodici. Si usa anche per dire di cose di poco pregio: “se ne trovano a dozzine”. Di fix, di placchette; certo, anche di quelle. La magia del linguaggio non finisce qui. “Dozzina” è anche il nostro moderno affitto, o meglio, lo stare presso una famiglia ad un prezzo convenuto che una volta si pagava ogni dodici giorni.

E allora mettiamola così: diciamo che le dodici piastrine che mancano ai Busi alti di Avesa sono in affitto presso un’altra famiglia ma presto torneranno a casa. “Stanno a dozzina” da qualche sconosciuto, magari nel garage o nello zaino. Il prezzo convenuto lo paghiamo noi, comunità di arrampicatori.

Correva l’anno 2021, il secondo dell’era Covid-19… era il periodo delle zone semaforo-cromatiche con i relativi limiti di spostamento.

Zona Rossa: proibito ogni spostamento fuori dal Comune di residenza.

Ecco che le fiabesche falesie delle vallate di Avesa si trasformarono nelle uniche risorse verticali dei residenti scaligeri. Un lungimirante Bepo Zanini, sempre attivo, sempre attento e sempre generoso, aveva coinvolto le guide alpine Luca Gelmetti e Tommaso Dusi nell’opera di refresh: nuovi ancoraggi di sosta e aggiunta delle prime protezioni.

Perché ai Busi Alti, luogo ameno e profumato di mediterraneo, complici le balze che precedono la verticalità della parete, i primi spit presenti risultavano pericolosamente alti. Tornava utile aggiungere una ventina di ancoraggi all’inizio degli itinerari per incrementare la sicurezza di un sito tornato in voga in virtù della situazione sanitaria eccezionale.

E poi… e poi il semaforo virò al verde e Avesa venne abbandonata, anche dagli arrampicatori, in favore di altri luoghi più gettonati.

E siamo infine ai giorni nostri. Sarà stato per noia, per solitudine o per rapina, vai a sapere… fatto è che nel caldo autunno del 2022 si registra la rimozione occulta di una dozzina di piastrine che il loro sporco lavoro lo prestavano per ridurre il rischio di cadere a terra.

Ci si potrebbe lanciare in opinioni etico-legali, in ricerche di nessi eziologici per legare l’illecito (il furto di piastrine) al danno subito dall’eventuale scalatore caduto al suolo, arrivare al limite del poter immaginare una denuncia verso l’autore del gesto – protesta o furto, poco cambia – per lesioni colpose in caso di danni o di omicidio colposo nel caso più estremo.

Meglio invece far tacere sia la rabbia che l’orgoglio.

Meglio registrare che questo non è un caso isolato. È successo a Tessari, è successo alla Grattuggia. Non succede mai nulla di veramente nuovo, chi scala da tempo ha già sentito questa musichetta cacofonica e sgradevole che non si può ballare insieme. Gesti come questi parlano di solitudine e dell’incapacità di entrare in armonia con i tempi che cambiano.

Avrà probabilmente dato fastidio la novità portata da questi ancoraggi bassi. Ci si giustificherà apostrofando che “non è mai stato così”. Eppure, si dovrebbe aver amore per le cose non tanto per la loro età o per la loro tradizione, bensì per la loro bontà e la loro verità, che poi è quella di proteggere meglio chi scala.

Quindi ecco, stiamo parlando di te, ci stiamo interessando a te che stai dando affitto alle nostre – di tutti – piastrine. Dovresti volerci bene solo per questo.

Come sempre, bastava parlarne che poi è un modo differente di ballare insieme.

Andrea Tosi

P.S: Ringrazio Tommaso Dusi per la documentazione fotografica e per il testo scritto in “avvocatese” che mi son permesso di parafrasare.


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